Dal mito alla realtà: il restauro di Steven Wilson sul nastro di Mike Millard
Per decenni è stato un Sacro Graal del collezionismo, un nastro sussurrato nelle fiere del disco e scambiato tra devoti come la testimonianza definitiva di un’era irripetibile. Ora, in occasione del 50° anniversario di Wish You Were Here, quella leggenda diventa finalmente realtà ufficiale. Come ormai sappiamo verrà pubblicata la mitica registrazione del concerto dei Pink Floyd alla Memorial Sports Arena di Los Angeles del 26 aprile 1975. La magia di questa uscita, però, non risiede in un multitraccia recuperato dagli archivi, ma nella sua origine clandestina: è un bootleg, una registrazione amatoriale di qualità sonora sbalorditiva, catturata da un fan e ora meticolosamente restaurata dal celebre produttore e musicista Steven Wilson. Questo evento non solo celebra un album iconico, ma consacra la figura quasi mitologica che lo ha reso possibile: Mike Millard, il “Re dei Taper”.
Il restauro di Steven Wilson
Wilson, considerato uno dei più autorevoli curatori audio nel mondo del progressive rock, celebre soprattutto per il suo lavoro di remix sui cataloghi di giganti come King Crimson e Jethro Tull, è ormai al terzo lavoro floydiano (Wet Dream 2023 e Pink Floyd At Pompeii 2025). Il fatto che abbia dedicato il suo talento al restauro di una registrazione non professionale eleva questo nastro da cimelio per collezionisti a documento storico, parte integrante del canone della band.
Il processo di restauro, descritto dallo stesso Wilson, rivela un approccio filologico di grande rigore. La sua scelta di lavorare su un nastro amatoriale non è stata stilistica, ma dettata dalla necessità dichiarando che non esistono registrazioni multitraccia professionali dei Pink Floyd dal vivo realizzate durante l’era di Wish You Were Here. Le uniche testimonianze sonore di alta qualità di quel tour sono quelle dei fan. Per questo, il suo lavoro è stato meticoloso.
L’assenza di materiale ufficiale ha reso le registrazioni di Millard non solo preziose, ma essenziali per documentare la band dal vivo in quel periodo. Per ottenere il miglior risultato, Wilson ha ricercato e analizzato tutte le versioni e i trasferimenti digitali del nastro originale di Millard circolati negli anni, creando un master definitivo che combinasse le parti migliori di ogni fonte.
Wilson è intervenuto per riparare i danni del tempo, correggendo digitalmente cali di volume, fluttuazioni di livello e altre anomalie, causate dal degrado del nastro magnetico, senza però snaturare l’essenza della registrazione. Infatti l’obiettivo era preservare l’autenticità e Wilson ha applicato un mastering minimo per non processare eccessivamente l’audio, mantenendo il carattere di una eccellente registrazione bootleg. A riprova di ciò, ha sottolineato che nel suo restauro non c’è l’uso dell’intelligenza artificiale. Per gli audiofili, ha aggiunto che le tracce mantengono un eccezionale range dinamico tra DR12 e DR13, indice di una compressione quasi inesistente.
Ma per comprendere appieno il valore di questo restauro, bisogna tornare all’origine: all’uomo che, armato di ingegno e di un registratore nascosto, ha sfidato la sicurezza per catturare la magia.
Il ritratto del Re dei Taper, Mike “The Mic” Millard
Negli anni ’70, registrare un concerto era un’attività clandestina e rischiosa. In un’epoca pre-smartphone, richiedeva attrezzature ingombranti, nervi d’acciaio e una passione smisurata. In questo scenario, Mike Millard non fu solo un appassionato, ma un vero pioniere e un eroe popolare della cultura del taping. Le sue registrazioni divennero il punto di riferimento assoluto per qualità sonora, trasformandolo in una leggenda. La sua fama derivava tanto dalla qualità dei nastri quanto dalle tecniche quasi cinematografiche che usava per eludere i controlli.
L’aneddoto più celebre è quello della sedia a rotelle infatti per introdurre il suo ingombrante registratore a cassette Nakamichi 550, Millard si fingeva disabile, spinto da un amico complice. L’attrezzatura era nascosta in un cuscino scavato, e per scoraggiare ispezioni troppo zelanti, Millard metteva nella sua borsa un bel paio di mutande strategicamente posizionato in cima, un deterrente psicologico geniale.
La sua vera intuizione fu però nascondere i microfoni, una coppia di AKG 451e con capsule ck1 (attrezzatura da studio), nel suo cappello. Questa tecnica gli garantiva una linea di vista diretta con gli altoparlanti, minimizzando il rumore del pubblico e catturando un suono pulito e diretto, quasi da soundboard.
Millard non agiva per profitto. La sua era una missione di preservazione, mossa dal desiderio di poter portare con sé un pezzo dello show e riviverne la magia.
La sua dedizione continuava anche dopo il concerto. Ogni copia dei suoi nastri era un’opera d’arte, con etichette scritte a mano in una calligrafia impeccabile e personalizzate con un “branding” unico. Fu questa combinazione di astuzia, passione e meticolosità a produrre un suono la cui qualità è ancora oggi oggetto di ammirazione.
Perché le registrazioni di Millard sono speciali
Come è possibile che una cassetta amatoriale degli anni ’70 suoni così bene, a volte superando in chiarezza le registrazioni digitali moderne? La risposta è in una perfetta alchimia tra equipaggiamento di altissimo livello e tecnica impeccabile. Il registratore Nakamichi 550 e i microfoni AKG 451e non erano giocattoli per consumatori, ma strumenti professionali di alta gamma. Il genio di Millard fu nel saperli usare in condizioni proibitive, ottenendo una separazione stereo e una fedeltà che pochi altri taper potevano sognare. La qualità è tale che la registrazione è ampiamente considerata—come riporta lo stesso Wilson—la migliore testimonianza sonora della band in quel periodo.
Questo riconoscimento ufficiale segna il culmine di un percorso paradossale: un’attività illegale, nata dalla passione di un appassionato, ha prodotto un documento sonoro di tale importanza storica da meritare un posto nel catalogo di una delle più grandi band del mondo. È un evento che riflette la mutata relazione tra artisti, etichette e fan, dimostrando come la dedizione e la tecnologia amatoriale possano creare archivi storici più preziosi di quelli ufficiali. Sebbene eccezionale, l’inclusione di una registrazione amatoriale nel canone dei Pink Floyd non è, tuttavia, un evento senza precedenti.
I bootleg pubblicati ufficialmente dai Pink Floyd in un formato fisico
L’uscita del bootleg di Los Angeles ’75 inserisce questa registrazione in un club ristretto e prestigioso. Si tratta della settima volta che i Pink Floyd includono registrazioni non professionali, catturate dal pubblico, nelle loro pubblicazioni ufficiali, riconoscendo così il valore storico di questi nastri e il ruolo dei fan nel preservare la loro memoria.
Ecco l’elenco delle occasioni precedenti:
Stoccolma 1967
◦ Data: 10 settembre 1967
◦ Brani: Reaction In G, Matilda Mother, Pow R. Toc H., Scream Thy Last Scream, Set The Controls, See Emily Play, Interstellar Overdrive
◦ Pubblicazione: The Early Years 1965-1972 (2016)
Hakone 1971
◦ Data: 7 agosto 1971
◦ Brano: Atom Heart Mother
◦ Pubblicazione: Atom Heart Mother, edizione giapponese (2021) (come colonna sonora per un filmato sul Hakone Aphrodite Open Air Festival)
San Diego 1971
◦ Data: 17 ottobre 1971
◦ Brano: Atom Heart Mother
◦ Pubblicazione: The Early Years 1965-1972 (2016) (come colonna sonora per un filmato sul Hakone Aphrodite Open Air Festival)
Amsterdam 1972
◦ Data: 22 maggio 1972
◦ Brani: Atom Heart Mother, Careful With That Axe Eugene, A Saucerful Of Secrets
◦ Pubblicazione: The Early Years 1965-1972 (2016) (utilizzata per il filmato The Amsterdam Rock Circus)
5. Chantilly & Oslo 1994
◦ Date: 6 luglio 1994 (Chantilly) e 30 agosto 1994 (Oslo)
◦ Brani: What Do You Want From Me, On The Turning Away, Poles Apart (da Chantilly) e Marooned (da Oslo)
◦ Pubblicazione: P-U-L-S-E, edizione speciale (2006) (incluse nel film Bootlegging The Bootleggers)
La riedizione del 50° anniversario di Wish You Were Here si preannuncia quindi come un evento di straordinaria importanza. Non celebra solo uno degli album più significativi della storia del rock, ma scrive un nuovo capitolo nella relazione tra la band e i suoi fan. Rendendo ufficiale la registrazione di Mike Millard, i Pink Floyd non si limitano a colmare un vuoto nei loro archivi; rendono un tributo indelebile alla passione e all’ingegno di figure come “The Mic”, il cui lavoro clandestino ha permesso di preservare momenti irripetibili che, altrimenti, sarebbero andati perduti per sempre.

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Adesso con la Sony al comando uscirà sicuramente qualcosa