Un’altra foto di Syd Barrett ad Abbey Road: nuova testimonianza di un incontro leggendario

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Una nuova immagine dell’ultima visita di Syd Barrett ai Pink Floyd emerge dopo cinquant’anni, riaccendendo il dibattito su uno dei momenti più toccanti della storia del rock

Nel video dell’intervista a Noel Fielding, pubblicato l’altro ieri (18 novembre 2025) sul canale YouTube ufficiale dei Pink Floyd, è apparsa un’altra fotografia di Syd Barrett durante le leggendarie sessioni di registrazione di Wish You Were Here ad Abbey Road. Si tratta della quinta immagine documentata di quel fatidico incontro del 1975, un momento che ha segnato profondamente tutti i membri della band e che continua a esercitare un fascino malinconico sui fan di tutto il mondo.
La prima fotografia di quella visita venne pubblicata nel libro Inside Out di Nick Mason (2004), offrendo la prima testimonianza visiva di un evento fino ad allora avvolto nella leggenda. La seconda immagine emerse anni dopo alla mostra Their Mortal Remains (2017), seguita da altre due nel documentario Have You Got It Yet? (2023). E ora, questa foto apparsa nell’intervista a Fielding, continua ad alimentare la documentazione di uno dei momenti più carichi di emozione nella storia dei Pink Floyd.

Un giorno, anzi due o forse tre?

L’analisi delle fotografie esistenti solleva interrogativi intriganti. Come si nota, Barrett appare con abiti diversi nelle varie immagini, suggerendo la possibilità di visite multiple. Tuttavia, i ricordi dei testimoni oculari, benché vividi nelle emozioni, risultano meno precisi nei dettagli cronologici dopo quasi mezzo secolo.
Peter Jenner e Andrew King, primi storici manager della band, ricordano chiaramente la presenza di Syd a un pasto collettivo nella mensa di Abbey Road, prima del successivo tour americano dei Floyd (che va dal 7 al 28 giugno 1975). Quando gli chiesero perché fosse così ingrassato, Barrett avrebbe dato la colpa alle braciole di maiale che stava mangiando in quel momento, un dettaglio grottesco che rende ancora più straniante la trasformazione del giovane che era stato il genio visionario della band.
Aubrey “Po” Powell racconta l’inizio di quella giornata surreale: “Quel giorno si era presentato senza avvisare prima nello studio degli Hipgnosis. All’inizio non l’avevo riconosciuto. Dovetti guardarlo bene negli occhi: ‘Syd, sei tu?’. Gli offrii una tazza di tè ma rifiutò. Cercava Storm e gli dissi che Storm era con i Floyd ad Abbey Road.”
La scena che seguì ad Abbey Road è diventata parte della mitologia del rock. Brian Humphries, tecnico del suono, ricorda: “Vidi semplicemente le porte della control room aprirsi ed entrare questo tizio grasso, pelato, con un impermeabile. Rimase lì mentre ci guardavamo tutti. Aveva con sé la sua chitarra acustica e ricordo Roger che lo portò da parte.”
Richard Wright ha ricordato quel momento nelle varie interviste: “Roger disse: ‘Non sai chi è quel tipo, vero? È Syd’. Continuava ad alzarsi, a lavarsi i denti, poi a rimettere via lo spazzolino e a sedersi. Ad un certo punto Syd si alzò e disse: ‘Bene, quando devo suonare la mia parte di chitarra?’. E noi: ‘Spiacente Syd, le parti di chitarra sono già tutte finite’.”
L’ironia tragica di quella risposta colpisce ancora oggi: Barrett arrivò proprio mentre la band stava registrando Shine On You Crazy Diamond, la suite epica dedicata a lui, al suo genio perduto, alla sua assenza. Le parti di chitarra erano “già tutte finite”, proprio come sembrava essere finita quella straordinaria creatività che aveva reso possibile l’esistenza stessa dei Pink Floyd.

In questa foto non è chiaro se sia proprio Syd Barrett sullo sfondo

Le fotografie di Phil Taylor

Phil Taylor, assistente di palco della band, era seduto alla console dello Studio 3: “Mi voltai e vidi un tizio fermo in fondo alla stanza. Aveva la testa rasata e un vecchio impermeabile addosso. Diedi per scontato che fosse qualcuno che lavorava nello studio perché capitava spesso che qualcuno venisse a curiosare. Non ricordo bene se fu Roger o David a capire che quello era Syd.”
Taylor colse l’occasione per scattare alcune fotografie con una macchina fotografica che la band gli aveva regalato al concerto di Knebworth avvenuto il 5 luglio 1975. “L’avevo caricata con una pellicola ad alta sensibilità per esterni, quindi nelle foto si vede parecchia grana”, spiega, giustificando la qualità grezza delle immagini che oggi rappresentano per noi documenti storici inestimabili.
In uno dei momenti più strazianti, Roger Waters e il tecnico del suono fecero ascoltare a Barrett la coda strumentale di Shine On You Crazy Diamond, dove Wright accenna al tema di See Emily Play. Quando Waters gli chiese se la riconosceva, Syd rispose: “Non credo, no mai sentita.” Dopo un po’ prese in mano una delle chitarre presenti nello studio, ma senza suonare nulla in particolare.
Nick Mason, impegnato in altre attività quel giorno, ricorda benissimo il momento in cui entrò nello Studio 3: “Trovai una situazione di grande disagio. Io stavo aspettando che qualcuno dicesse: ‘lo conosco io!’ oppure che chiamassero la sicurezza dello studio per farlo allontanare. Poi Dave mi fa: ‘Lo sai quello chi è?’ e io ‘no’ e lui ‘bhè quello è Syd’.”
Storm Thorgherson intervistato nel documentario Have You Got It Yet? : “L’ultimo ricordo personale che ho di Syd è Abbey Road quando arrivò per l’incisione di Shine On You Crazy Diamond. Neppure lo riconobbi. Non lo vedevamo da 6 anni e ci chiese se poteva dare una mano. Rick era sotto shock e Roger piangeva. Spesso la gente dimentica che anche se Syd era un grande talento qualcosa in lui era andato perduto e noi… noi gli volevamo bene.”

Foto apparsa nel video intervista a Noel Fielding

Il rebus delle date

Sappiamo con certezza che Syd Barrett si presentò ad Abbey Road il 5 giugno 1975, giorno in cui si svolse anche la festa di matrimonio di David Gilmour con Ginger Hasenbein. Questa data precede il tour americano, confermando i ricordi di Jenner e King.
Esiste però un’altra data documentata: il 5 luglio 1975, quando i Pink Floyd regalarono a Phil Taylor la macchina fotografica utilizzata per scattare le foto apparse in Have You Got It Yet?. Qui sorge un interrogativo: Taylor colloca le sue fotografie dopo il 5 luglio, ma confrontando le varie testimonianze emerge che tutti i presenti descrivono l’episodio come se fosse stato un evento unico, una prima e ultima volta. È possibile che, dopo quasi cinquant’anni, la memoria di Taylor confonda le date? O Barrett si presentò effettivamente due volte ad Abbey Road in quel periodo?
La differenza negli abiti visibili nelle fotografie potrebbe supportare l’ipotesi di visite multiple, escludendo con molta probabilità che Barrett si sia semplicemente cambiato durante la visita allo studio. D’altra parte, se ci fossero stati due incontri, è ragionevole pensare che almeno qualcuno dei presenti lo avrebbe ricordato, menzionando un “ritorno” o una “seconda visita” nelle interviste degli anni successivi.
Guardando attentamente le cinque fotografie ora disponibili, emerge un dettaglio cruciale che complica ulteriormente la ricostruzione di quegli eventi. Oltre agli indumenti diversi, è possibile distinguere chiaramente il taglio di capelli di Barrett. Confrontando la foto apparsa in Inside Out, quella esposta a Their Mortal Remains e quella con Waters nel documentario Have You Got It Yet?, si notano tre tagli differenti di capelli e barba. Questo dato è inequivocabile: le fotografie appartengono a tre giornate diverse, non a una sola.
La cosa davvero sconcertante è che tutti i testimoni ricordano quell’incontro come unico. Tutti descrivono lo stesso shock iniziale, la stessa difficoltà nel riconoscimento, lo stesso impermeabile, come se fosse stata la prima e unica volta. Eppure le fotografie ci dicono altro. Come è possibile che nessuno abbia menzionato visite multiple? Come è possibile che ogni volta Barrett si sia presentato come un estraneo non riconosciuto?
Ma c’è dell’altro: da decenni circolano voci insistenti sulla presenza di Syd Barrett nel backstage proprio di quel concerto di Knebworth.
Siamo di fronte a un enigma che le dichiarazioni dei presenti non riescono a risolvere, anzi, vanno in aperto conflitto con ciò che le fotografie ci mostrano. E qui sorge un altro dubbio: siamo davvero certi che tutte queste foto siano state scattate ad Abbey Road?

Un puzzle che non torna

Per anni, la storia della visita di Syd durante le sessioni di Wish You Were Here è stata considerata quasi una leggenda, uno di quei racconti mitologici del rock alimentati da ricordi sfocati e nostalgia. Poi, piano piano, sono arrivate le foto. Una dopo l’altra, a distanza di anni, come pezzi di un puzzle che qualcuno sta rilasciando con estrema cautela.
Ma più emergono prove visive, più la storia si complica invece di chiarirsi. Tre tagli di capelli diversi significano almeno tre giorni diversi. Eppure tutti i testimoni parlano di un solo incontro. Le date non combaciano. Le location forse nemmeno.
A distanza di cinquant’anni, viene da chiedersi: cosa successe davvero in quei giorni dell’estate 1975? Perché le testimonianze sono così uniformemente vaghe su certi dettagli? È possibile che qualcosa di più complesso sia accaduto e che, per qualche motivo, forse per mantenere la questione privata o per proteggere la memoria di Syd, si sia preferito semplificare il racconto in un unico, drammatico incontro?
Le fotografie continuano ad apparire, e ogni nuova immagine dovrebbe avvicinarci alla verità, invece sembra allontanarla ulteriormente, avvolgendola in un’aura ancora più misteriosa.
Probabilmente la verità completa non la sapremo mai. E forse, in fondo, è giusto così. Noi la viviamo dal nostro punto di vista, siamo fan, siamo attaccati ad ogni cosa che riguarda i Floyd, ogni foto, ogni dettaglio, ogni contraddizione diventa parte di un mistero da risolvere. Loro la vivono dal loro punto di vista, sono stati amici, si volevano bene. Forse ci sono cose che appartengono solo a loro, ricordi troppo personali e dolorosi per essere condivisi completamente con il mondo. E forse è proprio questo il rispetto che dobbiamo a Syd Barrett e a chi lo ha amato: accettare che alcune storie non hanno bisogno di essere completamente svelate per essere vere.

Articolo scritto da Francesco Madonia e Andrea Borsotti

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