Recensione di David Gilmour – Live at Circus Maximus

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Milano, 11 settembre 2025 – Al cinema Anteo è stata proiettata in anteprima per la stampa David Gilmour – Live at Circus Maximus, film-concerto registrato tra settembre e ottobre 2024 durante le prime tappe del nuovo tour del chitarrista dei Pink Floyd. L’uscita ufficiale nelle sale è fissata per il 17 settembre, mentre dal 17 ottobre sarà disponibile anche in DVD e Blu-ray.

Un evento che va oltre la semplice documentazione live: Live at Circus Maximus è un’opera filmica che intreccia il fascino senza tempo della Roma antica con l’arte sonora e visiva di uno dei più grandi musicisti della nostra epoca.

Eravamo presenti con gli amici di Cymbaline che hanno appena pubblicato il numero 69 interamente dedicato a Luck And Strange. Qui di seguito trovate la nostra recensione.

Prima che il palco si illumini, lo spettatore viene accolto da Road to Rome, breve documentario che mostra i momenti di prova e le interviste alla band. Immagini semplici ma significative, che restituiscono l’aria distesa di un ensemble affiatato: veterani come Guy Pratt e Greg Phillinganes convivono con nuove presenze come Rob Gentry e Worsley. È il preludio perfetto, che umanizza il mito e prepara al rito collettivo che sta per cominciare.

Il concerto si apre con 5 A.M., accompagnata da suggestive immagini in bianco e nero della città eterna, dal Colosseo ai vicoli moderni, percorse da un gatto nero animato, ripreso dallo sticker che campeggia sulla Stratocaster di Gilmour. Solo al termine del brano l’inquadratura rivela il protagonista sul palco.

La tensione cresce con Black Cat, che mette subito in luce il ruolo fondamentale delle tastiere, con Gentry e Phillinganes al centro dell’attenzione. Poi arriva Luck and Strange, che alterna vedute aeree del Circo Massimo a primi piani sugli strumenti e sui volti dei musicisti, fino al lungo assolo conclusivo di Gilmour: un dialogo tra generazioni di chitarristi, non a caso la parte centrale solista della chitarra è affidata a Worsley.

È però con Breathe e Time che l’arena si trasforma in tempio floydiano. Mr. Screen proietta il celebre video degli orologi, Pratt scandisce al basso il ticchettio iniziale, e il pubblico esplode in un boato. Il canto corale del pubblico su Breathe Reprise – “Home, home again” – diventa uno dei momenti di massima comunione tra artista e spettatori.

Uno dei vertici emotivi arriva con Fat Old Sun. La regia alterna le immagini di Roma dall’alto ai dettagli su una ragazza tra il pubblico, visibilmente commossa. Dopo l’intermezzo d’organo di Gentry, Gilmour si abbandona a un assolo di potenza e lirismo: un momento che segna l’anima del concerto e l’immagine di quel sole sarà scelta come copertina dell’album live.

Il rumore del mare introduce Marooned, qui trasformata in un brano più rock dalla batteria di Betts e dal solo torrenziale di Gilmour. Poi Wish You Were Here, che vede il pubblico cantare in coro e un Phillinganes ispirato a chiudere con un elegante intervento pianistico.

Dopo la presentazione della band e l’entrata sul palco della figlia Romany è il momento di Vita Brevis, con lei e Hattie Webb alle arpe per aprire la strada a Between Two Points, in cui Romany canta con intensità, sostenuta dal contrabbasso di Pratt. Lo sguardo che padre e figlia si scambiano all’inizio del brano, e l’occhiolino finale di Romany a Pratt, sono dettagli che rendono questa esecuzione intima e commovente.

High Hopes riporta la dimensione floydiana con forza simbolica. Le note di pianoforte di Phillinganes aprono il brano, mentre sullo schermo scorrono le immagini del videoclip diretto da Storm Thorgerson. I palloni lanciati sul pubblico completano la scena, e l’ovazione dopo il breve assolo acustico finale conferma che la magia è intatta.

Con Sorrow il Circo Massimo diventa teatro epico: i droni mostrano Roma notturna e dal pubblico una voce grida “Davide”, le luci accendono il palco e la chitarra di Gilmour squarcia l’aria. La regia alterna inquadrature monumentali e dettagli intimi, creando un effetto di travolgente potenza.

Segue The Piper’s Call, duetto intimo con Romany, che si trasforma in una festa corale quando Pratt e Charley Webb si mettono a ballettare nel finale tutto in crescendo. Poi A Great Day for Freedom, eseguita con intensità nuova: Gilmour canta a occhi chiusi, Worsley regala un assolo personale, e l’intreccio delle due chitarre nel finale è tra i momenti migliori del concerto.

In Any Tongue riporta il pathos: Romany apre con un fischio, Mr. Screen mostra il video di Danny Maderno, Worsley canta il ritornello. L’ovazione finale è seguita da un ringraziamento commosso di Gilmour allo staff, preludio a un cambio di atmosfera.

Ed ecco il tributo a Richard Wright: una mini-suite che unisce The Great Gig in the Sky e A Boat Lies Waiting. Intorno a un pianoforte a coda illuminato da candele, tutte le coriste offrono una versione intensa e diversa di Great Gig, mentre Gilmour applaude commosso. Poi la voce registrata di Wright, “È come andare al mare…”, rende A Boat Lies Waiting un momento solenne, che trasforma il concerto in rito di memoria condivisa.

Con Coming Back to Life, dedicata alla moglie, Gilmour si mostra vulnerabile e sincero. In Dark and Velvet Nights l’energia ritorna, accompagnata dalle animazioni di Kvanchakhadze sulle immagini di Soboleva. Forse il brano dove si tocca con mano l’affiancamento tra i musicisti.

È il turno di Sings, un brano pop, senza assolo di chitarra, chiuso con le immagini di fine anni 90 di Gilmour con il figlio che dice “Canta papà”. Il finale, con Gentry al piano, è uno dei momenti più innovativi del repertorio solista di Gilmour.

Poi Scattered, che Gilmour canta con trasporto. Tre chitarre sul palco, l’acustica è affidata a Charley Webb, e un intermezzo pianistico di Gentry superlativo, apre ad un crescendo nel finale che strappa applausi fragorosi.

L’encore non può che essere Comfortably Numb: Pratt prende la parte di Waters, il pubblico, ripreso da vicino, canta in delirio e il solo conclusivo di Gilmour, tra luci e riprese dall’alto, suggella un concerto che si chiude in apoteosi. I titoli di coda, accompagnati da una versione orchestrale di Scattered, prolungano l’emozione.

David Gilmour – Live at Circus Maximus è un film-concerto di rara intensità. Roma diventa co-protagonista, la regia fonde monumentalità e intimità, la band mostra affiatamento e versatilità. Gilmour, a 79 anni, è ancora capace di reinventarsi, alternando i capisaldi floydiani a nuove tracce che arricchiscono il suo percorso artistico.

Il giudizio è eccellente: un film che merita di essere visto al cinema, dove immagini e suoni trovano la loro cornice ideale. Un’esperienza che non documenta solo un concerto, ma racconta l’essenza di un artista che continua a emozionare intere generazioni.

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